Aria di casa propria - la cultura natìa come elemento essenziale a un'esistenza serena (intervento al convegno...)

Cos’è la cultura?
Per usare una metafora un po’ semplicistica, da un punto di vista psicologico è come l’acqua per un pesce: essenziale per vivere, ma invisibile; onnipresente e per questo inavvertita. Difficile capire i confini della cultura, fin dove è essenziale e dove diventa rinunciabile.
Un pesce tropicale trasferito repentinamente un una boccia di vetro colma di acqua di rubinetto, muore. E anche lo shock culturale, in casi estremi, può risultare letale. Come accadde ai primi inuit (eschimesi) trasferiti in una societa “civile” verso la fine dell’800 e che morirono di lì a pochi anni, tristi e disperati, lontani dal loro mondo. Tutti, tranne il più giovane di loro, il più adattabile.
Ma cosa dà forma a una cultura? Voglio provare a spiegarlo attraverso alcuni aneddoti:
a.Anni fa ero in Cambogia e mi venne proposto di tenere alcune lezioni presso un paio di istituti universitari. Uno dei corsi era sulla negoziazione nel conflitto, ma già il primo giorno di lezione emerse un ostacolo: per i miei studenti (buddisti) il conflitto non si poteva dirimere, semplicemente andava evitato. Un altro corso era su una metodologia di ricerca i n cui era previsto un feedback in corso d’opera, ma i miei studenti mi chiesero di fare a meno del feedback. Mi informai e scoprii che il termine inglese feedback veniva usato per le riunioni di autodenuncia che si tenevano nei campi di lavoro polpotiani. Questo spingeva perciò a rifiutare il termine in quanto legato a ricordi collettivi traumatici.
Cultura cioè come linguaggio: concetti che cercano di rendere in forma concreta sistemi di rappresentazione della realtà.
b.Una mia coppia di amici giapponesi mi raccontò l’orrore del primo giorno in Italia, quando videro le persone soffiarsi il naso per strada e poi mettersi il fazzoletto in tasca: entrambe cose orribili, la prima perché non si fa davanti ad altre persone, la seconda perché, in sostanza, significa mettersi in tasca il muco. Dal canto loro, tuttavia, ogni volta che avevano il raffreddore passavano il tempo a tirar su col naso, cosa che viene insegnata come assolutamente disdicevole ad ogni bambino italiano. Cosa è educato e cosa no?
In India, invece, mi accadde di invitare al ristorante una persona a titolo di ringraziamento. Per tutto il pasto l’uomo ruttò con evidente piacere, scatenando il mio disgusto e la mia riprovazione, soprattutto perché si trattava di una persona istruita. Solo tempo dopo ebbi modo di scoprire che tale gesto, che in Italia viene cosiderato scostumato, in India viene invece inteso positivamente, come espressione di apprezzamento per un buon pasto. Cosa che, automaticamente, mi rende maleducata verso gli indiani che mi invitano al ristorante o a casa loro.
Cultura cioè come usanze e costumi: modi di esprimere/controllare esigenze comuni all’umanità ma in forme a volte diametralmente opposte.
c.Quando scoppiò la seconda guerra in Iraq mi capitò di sentire il commento a una notizia televisiva di un signore esasperato dal senso di impotenza che le notizie di bombardamenti sulle città e di vittime civili gli davano: “Ma perché non lasciano le città?”. Difficile, per un italiano, capire che in un paese sostanzialmente desertico lasciare una città significa trasferirsi in un’altra, ovvero sotto il tiro di altri missili. Difficile capire che in Iraq è impossibile essere sfollati come noi intendiamo, che non è come essere a Milano e fuggire in Brianza. Oppure consideriamo la difficoltà di rispondere alle richieste di puntualità di certe fasce della popolazione immigrata. Spesso si tratta di persone provenienti da Paesi in cui le infrastrutture e i servizi sono molto carenti, e in cui la mattina si parte, ma non si sa quando si arriverà alla meta che ci siamo proposti: le strade possono essere bloccate, gli autobus rompersi, e così via.
Cultura come adattamento all’ambiente in cui un popolo vive, e che può non funzionare in un nuovo ambiente.
Sommati, tutti questi aspetti fanno della cultura la base per la costruzione dell’identità di un individuo fin dall’infanzia, e se tale base gli viene sottratta integralmente e repentinamente lui potrà perdere il senso di sè, sentirsi perso, spaesato, come un albero privato di radici. Come accadde a quegli eschimesi.
Tuttavia, come abbiamo visto, le forme che la cultura assume sottintende sempre la natura dell’uomo, esigenze e istinti comuni all’umanità: il bisogno di adattamento all’ambiente, le regole sociali per un buon vivere, la rappresentazione dell’esistenza, il dare un senso all’essere vivi. Queste sono le cose irrinunciabili a a cui si deve fare riferimento per trovare punti di contatto.
Modificabili o semplicemente accettabili (una volta che si sono capite) sono le forme che la cultura offre loro.
Non si tratta di cambiare la propria cultura o di rinunciare a qualcosa a fronte di qualcos’altro. Si tratta di aggiungere, integrare, ampliare la propria visione. Si tratta di acquisire nuove risorse.
Questo è il compito della mediazione culturale, quello di aiutare persone di culture diverse a comprendere l’essenziale che si nasconde dietro le molteplici forme del vivere in comunità. E di accogliere le espressioni che che tale natura essenziale di volta in volta assume.
Questo è il compito di ognuno di noi.